Il Derby che vorrei

Conto alla rovescia ormai agli sgoccioli. Si va quasi al tutto esaurito! Ah che meraviglia! Se fossero anche solo 8 o 9 anni fa, 2015 o 2016, sarebbe quasi normale. Quel giorno di aprile fu unico. Questa volta non c’è attesa. Eppure i tifosi ci sono. Le curve e non solo piene. La Maratona che vinceva premi negli anni 70/80 è stata un sogno per tanto tempo. Chi era bimbo o adolescente allora se lo ricorda bene e gonfia il petto. Forse scende anche una lacrimuccia. Vincere?! Si anche ma non per vincere ma per essere il riscatto di tanti, il tremendismo granata! E quel cuore. Unico. No, non sarà come allora. Ma vorrei per pochi minuti, 90, chiudere gli occhi. E sentire senza facili retoriche il boato della folla, il mito che ritorna. Son solo 11 giocatori, si, mai noi siamo il Toro. E alzare gli occhi al cielo e intorno. Ai Meroni, ai Ferrini, i Mazzola e i Bagicalupo, ai derby dei 0 a 2 a 3 – 2. Ai fratelli che sono scomparsi presto. Un unico mare granata in campo e fuori. Come se fosse ieri. Tutti a saltare, urlare,correre. E uscire da là con un sorriso che è tutta una città, un sogno. Dopotutto a noi il cielo piace rosso ( granata) più che blu.

41 anni fa Toro-Juve 3-2: quando i granata ribaltarono il derby in tre  minuti - Toro News

derby Torino-Juventus 3-2 serie A 1994-95 con doppietta di Rizzitelli e  Vialli - Tele+

Forza Toro!

Viaggi

Ci avevamo creduto per un anno, sette, 12. Ogni primavera o estate il rito si ripeteva: il dito sulla cartina, internet, riviste, sogni. E via con la station wagon citroen bx ormai quasi 14 enne verso Xy o in treno, volo, delirio. Erano puzzle di noi. Ogni luogo, città, borgo al nord, centro o sud, nuovi occhi, cartoline, autogrill, stazioni e albergo. La marea che ci portava. Adrenalina, chimica, fisica e geografia. Spazi da immaginare e portare a casa. Frammenti di stelle in movimento. Luci e ombre. Curve, onde, angoli e vie. Tende in montagna, quasi da novelli esploratori. Figurine da raccogliere nel album personale, quasi per gioco. Fantastico e tragicomico ogni viaggio. Come quando la ruota bucata, improvvisamente o il gasolio in riserva. Albergo in collina ben nascosto fra boschi e neve, quasi irraggiungibile come il cellulare perduto in bus o ostello parigino, luglio 1992, prima volta con il treno alta velocità.

Poi la crisi ci aveva lasciato solo brevi viaggi fuori porta, magari di 2 o 3 ore, Genova, Como, Aosta. Faceva un freddo, insolito, in quel borgo definito misterioso, a fine agosto, come adesso un caldo folle in aprile. Era un viaggio poco avventuroso ma sempre intrigante. Musei già in lista da tempo. Il mare, i fondali come un buco nero. E tu capitano di un veliero improbabile o meglio di un sommergibile, rapito, come un bimbo. Ma che ne sapevo. Del dopo. Si stava uscendo da quel funesto anno. Così sembrava. 2012 era il ritorno in Spagna con Valencia e il suo mercato, Cuenca e le case appese . Affascinato, quasi ammaliato. Per me un ritorno ai tempi erasmus, con i vecchi amici e la poi sempre cara Murcia. Ma dieci anni dopo sembrava un’altra. Rio Segura, i suoi parchi vestiti a festa. Eppure non era la Pasqua. Non sarei tornata, 2024. Il dito sul mappamondo si era fermato. Biglietto nel cassetto. Priorità ma non solo. Qualcosa aveva detto no. A dispetto del programma, dei soldi non rimborsabili, delle ferie e della solitudine.

E ora sognavo, forse. borghi mai visti con la complicità dei social. Come sogni per viaggiatori solitari. Quasi con frenesia. E intorno le scatole sparse, reclamavano un trasloco imminente quanto improbabile. Il viaggio per la nuova casa o speranza, ripresa, sembrava non arrivare più. Annunci, appartamenti,pseudo selezioni, proposte e risposte negative, dubbi,in un girotondo interminabile. Ma il dito riprendeva la cartina virtuale. Fra sogno e delirio. Occhio volava su quel puntino chiamato x o y. Mentre nel dormiveglia, ferma, pronta,come allora ancora lei, la cara station wagon, la Nini che aspettava. Mi svegliai di soprassalto. Ma intorno solo sostenuto silenzio e foto qua e là. E il viaggio era ormai solo in treno, o aereo. Niente auto.

E il borgo con la via più stretta era forse là nel Futuro, fiero, quasi insistente. dall’altra parte della stanza disordinata. Tuttavia in lontananza, appariva ancora quel borgo freddo silenzioso e antico quasi fantasma,in uno scampanellio, fra foglie e nuvole. là come l’ ultimo puzzle del nostro viaggio.

Domenica pomeriggio

C’erano quelle domeniche fra amici al bar o a casa: dolci, spensierate quasi adolescenti anche se già dopo i 30. O in viaggio, gita breve magari in montagna, lago, sagra di turno, con foto e zucchero filato, baci e sogni di leggerezza. Poi il tempo passo’. E restarono solo nuvole di ricordi e notti lente e buie. Le domeniche, identiche a cercare di sopravvivere attaccati alla musica mentre i perché giganteschi e neri inghiottivano il presente. Rari momenti lucidi e dolci in mezzo a una tormentata inquietudine. Il mondo andava per conto suo. Ogni stagione, sembrava solo un pezzo di calendario. Così ormai da anni, ultimi 3, terribili. Questa prima domenica di promavera forse si muoveva qualcosa. Era allo stadio o in viaggio. Al cinema o fra amici. O a casa. Non la mia, certo, ancora introvabile.

Ecco la casa, di altri, un invito. Improvvisamente una casa diventa un luogo di contatto, allegria, gioco, convivialità. Quasi rifugio, vecchio mondo, pace e speranza. Forse a questo servono le case e le domeniche pomeriggio. Anche se non siamo parenti,amici di sempre e adolescenza è solo eco di giochi, frammenti e memoria per noi, figli degli anni 60, 70 e 80, tutti insieme come compagni di viaggio.

Feste

Tornano come quelle comandate anche quelle che forse sono ormai in sordina. Colpa della crisi degli ultimi anni e della lenta crescita generale . Di tutto tranne che dei salari e delle pensioni. Si sa ovunque. Eppure se ne parla senza reali efficaci misure. Bonus e altro certo non bastano. Le vetrine sono quasi spente e i negozi spariscono come funghi. La primavera torna piano. Le città e le periferie buie e vuote già alle 21 in alcuni punti ormai dormitori a cielo aperto. La povertà incalza. Eppure qualche timido risveglio spunta ogni tanto.

8 marzo, il 19 marzo, festa del papà non sono date qualsiasi. Molti scrivono sui social. Dediche virtuali o anniversario. Ormai pochi, cartacei auguri o telefonici. Qualcuno non si ricorda più non si vuole far ricordare. Divergenze generazionali o chissà.

E da lontano eco di anni meno social e più concreti, 70/80/90 quando si aspettava il fatidico giorno. E forse fra timore e speranza ( di un regalo) si scriveva la letterina auguri sotto al piatto. O poi da non più ragazzini, si tornava alla casa paterna con sempre quel dolce ricordo. E la tavola imbandita, le paste, il nuovo fidanzato/a da presentare e il regalino da far sorridere anche il più severo e burbero padre.

Come tutto scivola in un angolo. Forse per sbaglio.

Ricorrenze fra storia e cinema

Fra 8 Marzo e la notte degli Oscar, il weekend piovoso e nevoso scivola piano, lento come un rallenty.

Un giorno importante come 8 marzo, sottolineato da scioperi, manifestazioni, oltre che malumori di fondo e locali pieni, troppo spesso frainteso, forse meno clamoroso, nonostante le statistiche sempre negative da anni ormai, eccetto periodo 2020/21, resta un giorno di dibattiti, cinema, cultura,incontri. Molti musei, ovunque, come ogni anno hanno fatto sconti o ingresso gratuito o come il Museo del Risparmio di Torino, luogo di ricordi cinematografici al femminile. Donne in primo piano fra anni 30/40/50 fino ai giorni nostri con spezzoni di film cult come Bellissima, Via col vento o Thelma e Louise, o meno noti come Donne che vedono tante donne attente, sedute in ascolto, quasi in religioso silenzio. Il Cinema da sempre unisce e si fa portavoce di storie. E gli Oscar arrivano subito dopo o quasi. Oggi, domenica notte per la prima volta anche la Rai. Dopotutto il Cinema è da fine 800 che ci fa sognare. Per fortuna. La fantasia aiuta la realtà . Anche se a volte la realtà supera la fantasia. Ma oggi come non mai cne abbiamo vissuto tutto fra essere e non essere, la poesia di un film è un viaggio liberatore. Peccato solo che poi si accendono le luci e si torna a casa. E spesso non ci aspetta nessuno.

Lunedì dopo la pioggia

Proprio come da calendario è tornato il mese più pazzo per antonomasia. Marzo non vuole deludere e infatti, parte subito con 48/72 ore di pioggia di quella che fa bene all’ agricoltura ma fa anche aumentare le visite ai museo, cinema, bar e ristoranti. E scopri per caso, nel centro, locali nuovi come funghi, mimose disegnate allegre fra vetrine di pasticceria ( di alta pasticceria che ti limiti a guardare da fuori con i prezzi alti( e proprio oggi che hai scordato soldi e bancomat e via dicendo ) mentre altri anche se non troppi sono lì fra pasticcini e caffè, brunch e convenevoli domenicali,magari post messa festiva, musei o saluti agli amici o parenti di turno, Salone del vino o chissà. Tu che sei rimasta, per distrazione, senza contanti, non puoi che respirare l’ aria fresca domenicale di una mattina in centro, mentre il sole spunta, timido.Oggi è già finita la sonata senza luna con eco di vecchie canzoni leggendarie zeppe di malinconia come Moby dick, Lontano da, con fiumi di parole non dette, è già lunedì. E anche se solo inizio mese, il sole di certe ballate misto a vecchi ritornelli ha fatto esplodere anche di bianco e di rosa gli alberi nel parco mentre il sole si è messo a giocare con uno stormo di nuvole di variegate forme, pompose e divertenti e non resta che alzare gli occhi al cielo, grati, nascondendo il naso rosso e un sacchetto di vecchie biglie, spuntato da uno scatolone. Come quei frammenti sogni indecifrati con strascichi di numeri forse premonitori o anche solo buoni da giocare.

Virtuale o caro amico

Alla fine tutti finiamo in quel Buco Nero ( o bianco?) che ci fa sobbalzare di qua e di là a ritmi ossessivi, ripetitivi salvo spegnere il magico pulsante. Non più la TV come 30 o 40 anni fa. Il nuovo Mostro dai mille volti è quello che ormai ci porta ovunque come un filo invisibile. Ci seduce, ma mai abbandona. E non ci sono età immuni. Tranne, forse gli under 5 e gli over 85. Il cellulare o smartphone o ihphone come un ‘ appendice di noi stessi. E i solitari si illudono di avere un contatto col Mondo.E tanti, si inventano nuovi hobby, fra giochi, lezioni on line, musica, ricette, oracoli, comicità spicciola e saltimbanchi di ogni tipo, per scongiurare la malinconia. Ma lei torna sempre, potente,fra la pioggia la musica, la memoria, come un divoratore. E Forse alla fine, per chi è solo e stanco non resta che il Buco Nero ( o Bianco), dopo il lavoro o lo studio e disperate, mille ricerche. Come un amico quasi fedele, attento, despota e possessivo. Ma cosi reale anche se virtuale. Mentre il tempo vola via e non sai più se sei vivo o sei solo un sogno più o meno lucido.

Quando piove

Tutto cambia colore. Umore, si sempre. Ma anche le città, si copre di una patina fra grigio e blu. Come una copertina di nuvole e vago. Si scivola lontano. Se poi è sabato e sciopero dei bus, ti senti proprio a piedi. E addio programmi. Al parco magari con stivali e ombrello o al cinema ( ma vicino casa lì hai già visti tutti!) O al bar ( ma la serata programmata  è domani) ma con chi?! Non resta che la scusa solita della spesa e via verso l’ abituale ipermercato. Wifii, bar, edicola, varie. Quello più vicino però non ha molti negozi e saldi. I piedi sono già stanchi della lunga settimana. Le caviglie, lo sanno.

Poi torni a casa, ti ricordi, improvvisamente, che è la finale del Festival di Sanremo che non vedi da 3 anni. Ma internet e il cellulare fanno miracoli. Ma non è più come un tempo, che si aspettava il festival e se ne parlava  a scuola. Ormai è tutto sui social.

Tra una canzone e altra, hai tempo di scrivere, cercare notizie, leggere messaggi. E a un tratto fra video di testimonianze di miracolati, pubblicità, cartomanzia flash, mentre una sottile malinconia si insinua fra i vetri e la notte di pioggia, insistente e appiccicosa,appaiono, come dal nulla , vecchi sms . Sono quasi tutti,  2019, fino a settembre 2020. Quasi sincopati, di dialoghi a metà, appuntamenti, sorrisi e musica nascosta, piccoli, teneri gesti, che ora sono impossibili. E tutto passa in secondo piano. E ti sembra di aver sprecato gli ultimi giorni di allora ad organizzare, a programmare cose, invece di scrivere parole dolci, magari amorevoli, mentre la tempesta era vicinissima e non si è più fermata. E la nostra canzone, come la rondine di Mango non tornerà.

sabato o nebulose

Rieccolo il sabato, freddo ma non pungente, ultimo di gennaio, quasi in sordina,mentre ti affanni a cercare cose da fare, ora che come tanti sei sola.

Piscina, mostre, mercato, caffè con amici, spesa, forse ape, come un decalogo di cose urgenti. Poi salta una per pigrizia mattutina, un’altra per problemi tecnici sulla linea ferroviaria  ( appena ripristinata?!) e cominci a vacillare. 

Alla fine si programma per ottimizzare il tempo, sempre poco, anche il sabato. Ma poi l’ imprevisto, cattivo,  è sempre dietro all’angolo …Anzi verso sera, quasi non sai più che giorno è! Demenza senile prematura o stanchezza cronica?! O tutte e due?!

E infine, Google, come se niente fosse, ti propone foto dal passato. Recente ma comunque andato. E ti sembra che il tuo Buco nero sia sempre più grande . Come una stella nana che sparirà. Come ogni stella che non è mai eterna. Cosa pretendi se neppure le stelle vivono per sempre. Non lo sapevi?! ripete una vocina ( la tua? Quella di chi?!) . Povera stella che nasce, cresce e poi via.. Proprio come noi! E noi a perdere tempo sui social, sui cellulari con messaggi inutili senza fare nulla. Condannati forse alla ricerca spasmodica di chissà che fra banali amenità come 4 pseudo amici a un bar, distanti forse come certe stelle e galassie lontanissime, come lo stesso Sole che prima o poi sparirà. Per fortuna noi non ci saremo.

E si scioglie in poche misere ore quel povero ennesimo sabato mezzo solitario e mezzo no, con disguidi e non incontri, ricordi, racconti, che scivolano dal tavolo di un nuovo bar, in centro, proprio un sabato qualunque ( come cantava bene il Sergio Caputo..), un sabato italiano fra voci fari, metro e buio, musiche dal ritmo jazz da un CD ormai abituale, come un tranquillante,mentre scende la notte e il rumore delle auto come vago sciabordare ti porta via.