Ci avevamo creduto per un anno, sette, 12. Ogni primavera o estate il rito si ripeteva: il dito sulla cartina, internet, riviste, sogni. E via con la station wagon citroen bx ormai quasi 14 enne verso Xy o in treno, volo, delirio. Erano puzzle di noi. Ogni luogo, città, borgo al nord, centro o sud, nuovi occhi, cartoline, autogrill, stazioni e albergo. La marea che ci portava. Adrenalina, chimica, fisica e geografia. Spazi da immaginare e portare a casa. Frammenti di stelle in movimento. Luci e ombre. Curve, onde, angoli e vie. Tende in montagna, quasi da novelli esploratori. Figurine da raccogliere nel album personale, quasi per gioco. Fantastico e tragicomico ogni viaggio. Come quando la ruota bucata, improvvisamente o il gasolio in riserva. Albergo in collina ben nascosto fra boschi e neve, quasi irraggiungibile come il cellulare perduto in bus o ostello parigino, luglio 1992, prima volta con il treno alta velocità.
Poi la crisi ci aveva lasciato solo brevi viaggi fuori porta, magari di 2 o 3 ore, Genova, Como, Aosta. Faceva un freddo, insolito, in quel borgo definito misterioso, a fine agosto, come adesso un caldo folle in aprile. Era un viaggio poco avventuroso ma sempre intrigante. Musei già in lista da tempo. Il mare, i fondali come un buco nero. E tu capitano di un veliero improbabile o meglio di un sommergibile, rapito, come un bimbo. Ma che ne sapevo. Del dopo. Si stava uscendo da quel funesto anno. Così sembrava. 2012 era il ritorno in Spagna con Valencia e il suo mercato, Cuenca e le case appese . Affascinato, quasi ammaliato. Per me un ritorno ai tempi erasmus, con i vecchi amici e la poi sempre cara Murcia. Ma dieci anni dopo sembrava un’altra. Rio Segura, i suoi parchi vestiti a festa. Eppure non era la Pasqua. Non sarei tornata, 2024. Il dito sul mappamondo si era fermato. Biglietto nel cassetto. Priorità ma non solo. Qualcosa aveva detto no. A dispetto del programma, dei soldi non rimborsabili, delle ferie e della solitudine.
E ora sognavo, forse. borghi mai visti con la complicità dei social. Come sogni per viaggiatori solitari. Quasi con frenesia. E intorno le scatole sparse, reclamavano un trasloco imminente quanto improbabile. Il viaggio per la nuova casa o speranza, ripresa, sembrava non arrivare più. Annunci, appartamenti,pseudo selezioni, proposte e risposte negative, dubbi,in un girotondo interminabile. Ma il dito riprendeva la cartina virtuale. Fra sogno e delirio. Occhio volava su quel puntino chiamato x o y. Mentre nel dormiveglia, ferma, pronta,come allora ancora lei, la cara station wagon, la Nini che aspettava. Mi svegliai di soprassalto. Ma intorno solo sostenuto silenzio e foto qua e là. E il viaggio era ormai solo in treno, o aereo. Niente auto.
E il borgo con la via più stretta era forse là nel Futuro, fiero, quasi insistente. dall’altra parte della stanza disordinata. Tuttavia in lontananza, appariva ancora quel borgo freddo silenzioso e antico quasi fantasma,in uno scampanellio, fra foglie e nuvole. là come l’ ultimo puzzle del nostro viaggio.